Beast Go East tour report

THE BEAST GO EAST Wasted Pido/Sheriff Perkins on tour 2012

sat 8 – Le Bouchon, Tournai, Belgium
sun 9 – Ethnika Rhumerie, Paris
mon 10 – Bar Des Sports, Montreuil (Paris), France
tue 11 – The London Calling, Bruxelles, Belgium
wed 12 – TBA
thu 13 – Rockgate, Bahnhofstrasse 26, Dornbirn, Austria
fri 14 – Rumpeltum, Sankt Gallen, Switzerland
sat 15 – Agora, Basel, Switzerland
sun 16 – Neuchatel, Switzerland
mon 17 – TBA
tue 18 –  TBA
wed 19 – Spunk, Zagreb, Coatia
thu 20 – Big Ben, Osijek, Coatia + HARP EXPLOSION
fri 21 – MKC Kombinat, Belgrade, Sebia
sat 22 – TRAFIK KLUB, Budapest, Hungary
sun 23 – Dedalofurioso Busnelli, Dueville – Vicenza, Italy

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Sabato 8 dicembre

Arrivo a Parigi alle 9.30 dopo un viaggio in treno cuccetta tuttosommato tranquillo. C’è la neve. Ho con me una Telecaster Squier P90, una borsa contenente una Canon 5d mark II, una cinepresa super8 Canon 814, una reflex della Olympus, una lomokino e uno zaino con dentro i cavi x suonare e qualche calzino. Perkins è venuto a prendermi alla stazione. Caffè e sigaretta in un baretto, poi metro e relax a casa Perkins a Clichy. Dopo pranzo a base di formaggio e pane partiamo verso Tournai, Belgio – 240 km circa da Parigi. Arriviamo a Le Bouchon in buon orario per fare il soundcheck e familiarizzare con la fauna del bar, uno dei più vecchi e popolari del centro. Concerto divertente, i personaggi del luogo prendono in mano pezzi di strumentazione e partecipano allo show. Tanta buona birra e risate alle lacrime con Yannick dei Marvin Gays che ha organizzato la serata, Tomas Maria Goretti Quartet e i marci del bar. Fuori fa proprio freddo. Finale alle 4 del mattino al kebabbaro dove scatta l’ilarità quando i due simpatici turchi vengono a sapere che sono italiano: “pizza-spaghetti-mandolino” mi dicono. “I am from Venice, you know how much i give a fuck??” Non male come inizio tour.

drunk chick at le bouchon tournai

Domenica 9 Dicembre

Ci svegliamo a casa di Yannick, strimpelliamo la sua acustica e ascoltiamo dischi. Il pranzo è già organizzato: passano Tomas e Lulu coi bambini a prenderci e andiamo a mangiare le cozze del mare del nord in un ristorante tipico davanti alla stazione dei treni. Gli avventori sono quasi tutte coppie di vecchietti mezze addormentate ai loro tavoli. Quelli seduti dietro di noi dormono proprio. Capirò tra poco perchè. Arriva una pentola di ceramica a testa piena di cozze, cucinate con porro, cipolla e finocchio. Sono tantissime, e grosse: l’animale riempie completamente la conchiglia. Perkins ha preso le cozze con la salsa di formaggio camembert. Assieme alle cozze è tradizione mangiare patatine fritte e annaffiare tutto con abbondante birra chiara. Troppa roba, non riusciamo a finire le nostre pentole, ma siamo grati ai nostri amici per averci accolto e fatto scoprire queste prelibatezze. Riprendiamo la strada alle 16.00, sappiamo che arriveremo in ritardo al concerto a Parigi, ma il tempo è davvero fuggito. Rifacciamo la strada di ieri al contrario e a Parigi rimaniamo bloccati nel traffico. Arriviamo all’ Ethnika Rumerie abbastanza in ritado, il concerto avrebbe dovuto essere alle 19.00, sono le 21.00 ma non è un grosso problema. Il posto è un piccolo bar con uno spazio sottoterra per suonare. Ci sono gli amici che vivono a Parigi: Cesco, Martina, Lulu, Gaia e il suo giro di skaters. I ragazzi sono carichi anche se è domenica. Qualcuno saltella durante il concerto. Si beve con la multiforme fauna davanti all’ingresso del locale. Conclude la serata una tremenda pasta aglio e olio a casa di Gaia.

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due marci che si volevano fare fotografare davanti all’Ethnika Rhumerie

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Lunedì 10 Dicembre

Gaia ci teneva a farmi vedere la sua nuova casa, una specie di soppalco-castelletto all’ultimo piano zona Pigalle con vista a 360° gradi sui tetti di Parigi. Bomba. Facciamo un giro e finiamo in un bistrot vicino al Grand Boulevard. Ordiniamo Grenuille (piatto più economico sulla carta) perchè Gaia credeva fosse anatra, ci portano invece rane (Grenuille = rana) Fritte, e buonissime tra l’altro. Rane fritte, patatine e birra. Un pranzo strepitoso.

Poco dopo siamo in metro verso Montreuil, dove ritroviamo Perkins e la sua ragazza Gwen. Montiamo gli strumenti al Bar Des Sports, un bar storico della zona frequentato dai vecchi rockers locali. Anni fa Montreuil era piena di case occupate, era un posto cazzuto per quanto riguarda il rock n roll. Con gli anni gli squat hanno chiuso, un certo fuoco si è spento ma ha lasciato un spirito anticonformista e disincantato tra la gente del quartiere. Tra gli abituali al banco del Bar des Sports mi indicano un tipaccio barbuto, Dr. Schultz frontman dei Para Bellum, punk-rock band anni 80 di culto che imparerò a conoscere più tardi grazie ad un riassunto storico sul punk francese a casa di Perkins. Passiamo la serata col batterista dei dead kadhafis e con Kroterz, dj della web radio radiolux. Ratel Raw Blues passa il cappello tra il pubblico dopo il concerto, tra gli amici di Perkins e i clienti abituali. La serata finisce a casa di Perkins & Gwen a guardare Benny Hill e gruppi punk francesi su Youtube bevendo distillato di mele. La macchina di Perkins (una Ford Escort bianca del ’95) ha fatto fumo questo pomeriggio, il radiatore perde. Domani mattina alle 8.00 bisogna andare dal meccanico.

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Martedì 11

Il piano è andare a Bruxelles con il radiatore che perde aggiungendo antigelo durante la strada, domani tornare e dopodomani appuntamento alle 8.00 dal meccanico per la sostituzione, poi di nuovo in strada verso Bregents, Austria. Rifacciamo l’ autostrada di due giorni fa ma questa volta giriamo verso Bruxelles. Il posto da raggiungere è leggermente fuori dal centro storico di Bruxelles, un quartiere di strade strette e trafficate; facciamo fatica a trovare parcheggio vicino al locale. Troviamo comunque uno spazietto e incontriamo Charles dei Marvin Gays/ White Fangs davanti all’ingresso del posto, ci salutiamo velocemente e mentre iniziamo ad aprire lo sportello della macchina per scaricare, una donna da un’auto ci minaccia in francese di chiamare la polizia se non ci spostiamo subito. Charles dice che è un quartiere pieno di funzionari UE, soprattutto italiani, questo. Comunque dopo qualche giro riusciamo a portare la strumentazione nel London Calling. Stasera c’è anche un altro one man band di Bruxelles che suona in un locale più conosciuto in centro, con John Spencer che mette i dischi dopo. Concorrenza che fa prevedere poca gente al nostro concerto. Piazziamo la strumentazione in mezzo alla sala, a qualche metro dal palchetto. La sala del London Calling è un seminterrato non grandissimo, il banco del bar che da sulla pista da ballo con un mixer Yamaha dietro attaccato al muro. In questa maniera possiamo anche sentire cosa cantiamo visto che non ci sono monitor sul palchetto. Alla fine un po’ di gente arriva, suoniamo e si fa festa col mio telefono attaccato al mixer come dj set. Verso mezzanotte portiamo gli strumenti in casa di Charles in centro e camminiamo fino al bar dove John Spencer sta facendo il dj set. La casa di Charles è vicina ad una torre medioevale enorme che era una delle porte fortificate della città. Camminiamo di notte nel centro di Bruxelles, fa freddissimo e ci sono decorazioni di natale ovunque. Arriviamo al bar e ci sediamo al banco. Parte una session di birre Acouffe che ci farà spendere buona parte dell’incasso del concerto. C’è buona musica, vecchio rock n roll e rhythm n blues. Charles mi indica John Spencer che zompetta in giro. Qui la gente parla 3-4 lingue minimo, ci sono persone da ovunque nel mondo. C’è la tensione di essere un posto dove accadono delle cose, un crocevia di persone di passaggio a Bruxelles, un centro di potere dove è conveniente vivere. Conosciamo alcuni amici di Charles, si parla di musica per buona parte del tempo: Charles ci consiglia di variare i tempi della batteria dei nostri pezzi, Perkins gli dice che per lui è impossibile. La discussione finisce per cadere su esperienze personali, progetti, problemi. Charles è in un momento di conflitto con la sua band i Marvin Gays, non riesce ad andare a provare due-tre volte alla settimana a Tournai come prima, ha un lavoro part-time come barista e non ha tanti soldi da spendere. Ma forse sono altre motivazioni che lo stanno spingendo a lasciare la band. In ogni caso, è inutile lamentarsi della vita squattrinata che facciamo a causa del rock’n’roll. Noi stasera a Bruxelles abbiamo fatto 95 € di incasso. Siamo in tour con fee che si aggirano tra i 50 e i 200 €. Non ce l’ha mica ordinato il dottore. Lo stiamo facendo perchè ci va di farlo. E siamo qui adesso. Nel bar cambia la musica, finisce il rock n roll e attacca la disco-trance. Andiamo a dormire.

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Mercoledì 12 Dicembre

Mattina di risacca in giro per il Centro di Bruxelles, fa freddissimo e sono uscito subito dopo una doccia, ancora coi capelli bagnati. Cerchiamo un negozio di dischi usati che ci ha detto Charles. The Collector, vicino al palazzo della borsa. E’ grande e pieno di vinili, ci stiamo dentro quasi due ore e alla fine usciamo tutti e due con qualche disco nella borsa. Ho bisogno di una zuppa calda, oggi è la prima mattina che inizio ad accusare le sbevazzate della sera prima. Poco dopo salutiamo Charles e riprendiamo la strada per Parigi. Stasera gallette a casa di Perkins, domani sveglia presto, meccanico e poi Austria.

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Giovedì 13 dicembre

Partiamo verso mezzogiorno dopo aver ritirato la macchina dal meccanico con il radiatore nuovo. Parigi – Bregents sono circa 750 km. Il viaggio è quai tutto sotto la pioggia fino in Svizzera. Poi in Svizzera troviamo la neve e al confine con l’Austria rimaniamo fermi mezz’ora per controlli. “che genere di musica fate?” chiede l’agente di frontiera. “Blues” gli risponde Perkins. “Meglio sempre dire che fai Blues ai posti di frontiera, capiscono cos’è e fanno meno domande” dice Perkins mentre ci allontaniamo dalla dogana. Arriviamo al locale in ritardo a Bregents letteralmente sommersa dalla neve.

Tommy il promoter di questa sera ci aspetta sulla strada e sbracciando ci indica dove parcheggiare. Suoniamo al Lowlife, un locale nuovo dentro quella che da lontano sembra una vecchia fabbrica. Un bancone del bar lungo che corre in due stanze separate da una porta di vetro. I Sonics ruggiscono nell’impianto. Mathias, il proprietario, è un ragazzo molto gentile letteralemte ricoperto di tatuaggi, che ci riempie di birre prima, durante e dopo il concerto (ce ne andremo dal locale alle 4 del mattino con una borsa della spesa piena di heineken in regalo). Suono per primo di fronte a tre persone; il locale è pieno ma quasi nessuno presta attenzione a noi. La maggior parte della gente se ne sta a bere nell’altra stanza del locale separata dalla porta di vetro, dove si può fumare. Quasi nessuno applaude dopo le canzoni. Freddezza austriaca? Tommy ci dice che è normale. Con Perkins stessa scena, la gente non presta attenzione e tra una canzone e l’altra regna un silenzio imbarazzante. Dopo lo show siamo al bancone del bar, Mathias ci offre da bere di tutto e intanto ragioniamo sulla serata: facciamo davvero così da cagare? Rimaniamo fino alla chiusura, quindi ci incamminiamo trabballanti nella neve verso l’hotel dove dobbiamo dormire.

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Venerdì 14

Ci svegliamo tardi per la colazione ma riesco lo stesso ad intrufolarmi nella sala breakfast e rubare due banane e due confezioni di crecker svedesi. Torno in camera e Perkins sta guardando delle televendite alla televisione. “the same shit is everywhere!” mi dice indicando lo schermo dove è una carrellata di tettone che indossano reggiseni per donne a cui non frega più un cazzo di come appaiono. Usciamo dall’hotel e vaghiamo per Bregents in cerca di cibo. I bambini stanno uscendo da scuola e giocano a palle di neve. Fisicamente siamo cotti, il viaggio è stato lungo e ieri abbiamo bevuto forte. Ma siamo anche moralmente a terra per come è andato il concerto di ieri, è la prima volta per entrambi di suonare e non avere NESSUNA risposta dal pubblico. Finiamo in un kebabbaro di fronte alla stazione dei treni, mangiamo con calma, in silenzio. Fuori c’è il sole ma fa veramente freddo.

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Lasciamo Bregents e ci dirigiamo verso St Gallen, 30 km oltre il confine svizzero. Ci arriviamo in mezz’ora; parcheggiamo vicino al Rumpeltum, una vecchia casa occupata dove suoneremo stasera ma che adesso è ancora chiusa, ed andiamo a farci un giro in centro. Siamo infreddoliti, stanchi e leggermente depressi per via del concerto di merda di Bregents. Andiamo in giro in cerca di un negozio di dischi dove passare un po di tempo prima che il Rumpeltum apra. Il centro di St. Gallen è case del 17°-18° secolo caratterizzate da bowindow riccamente decorati con splendidi altorilievi di legno. In giro è pieno di gente che fa acquisti per l’imminente natale. Finiamo in una specie di megastore della musica dove vendono di tutto, dalle batterie ai cd. I vinili sono pochi, belle edizioni e costano un occhio della testa. Ritorniamo al Rumpeltum e questa volta ci aprono. Conosciamo subito Woody, un tipo alto con basette enormi, giacca di pelle piena di spillette e una bandiera sudista alla fibia dei pantaloni mentre sta cucinando polenta e verdure per stasera. Il Rumpeltum è bellissimo, una vecchia casa su tre piani coi muri pieni di poster di concerti che raccontano la storia del posto. Una storia fatta di trash rocknroll indipendente e lo-fi. Hank III gracchia nello stereo della cucina dove ci offrono un buon caffè e iniziamo a rilassarci e conoscerci. Ci togliamo le scarpe e ci buttiamo in divano, siamo ancora cotti da ieri sera. Quando mi riprendo circa un ora più tardi sono completamente riposato. Mi piace qui. Un posto come questo mi fa pensare che c’è spazio nel mondo per gente come noi. One man band, gente emarginata devota al trash rock n roll con il cuore che batte per il contry e l’anarchia. Mi sento in un’isola felice dove scopri persone che pur non concoscendo, consideri subito amiche. Un’isola circondata da palazzi di uffici, negozi, dal natale, le cose che vengono misurate con i paramentri dell’euro. Il rock’n’roll è la nostra salvezza e la nostra dannazione. Troppo scarsi per farci i soldi, troppo dentro la cosa per smettere di farlo. In ogni caso, siamo delle macchine da guerra che usano il loro corpo per creare ritmi e melodie marce e scatenare l’inferno. Mi aggiro per il posto con la reflex in mano, faccio foto e video e mi chiedono perchè. Non sono infastiditi anzi. Spiego che voglio documentare e fare un film sul tour… “da una scintilla può nascere un fuoco” mi dice Nik, il tecnico del suono del posto con una barbona da Bakunin.

Stasera con noi suona anche un duo contry, i Bloody Horns, ragazzi delle montagne che fanno cover di contry classico. Durante il soundcheck noto un adesivo fatto in casa con scritto “white supremacy” sulla chitarra acustica del cantante. Non gli chiedo niente sul momento, sembrano tipi alla mano e simpatici, meglio lasciare perdere. A fine serata però gli faccio la domanda mentre si sta trascinando fuori dal posto ubriaco. Dice che è una provocazione, come la svastica sulla maglietta di Sid Vicious. Sarà… la mattina dopo a colazione Woddy esprime qualche dubbio sui personaggi, la sera prima i Bloody Horns gli hanno detto che sono stati invitati a suonare ad un raduno nazi tra qualche giorno e che ci andranno perchè vogliono suonare il più possibile, ovunque vengano chiamati. “Bhe… non credo che suoneranno qui di nuovo” conclude. Il clima durante il soundcheck è comunque super amichevole, i Bloody Horns non hanno molta esperienza dal vivo e ci mettono un sacco a fare i suoni, scattano intanto delle jam session spontanee a colpi di armonica e chitarra acustica che continueranno tutta la serata spostandosi tra la sala concerti, il bar e i bagni, fomentate da un hillibilly locale di cui non capisco il nome: “Questa è musica Folk, chiunque la può fare, non serve sapere suonare, bisogna darci dentro, col cuore!”. Questa sera conosco finalmete di persona anche Chris/Tongue Tied Twin, one man band blues-punk che ci ha aiutato a piazzare i concerti di ieri e di stasera.

Perkins fa un concerto da paura, suona benissimo; i suoi riff country-hc sono come mitragliate senza pietà e fanno muovere il culo a tutta la sala. Quando finisce tocca a me e mi cago addosso a suonare dopo la sua performace devastante. Perkins ha già suonanto qui due volte, un minimo è conosciuto, sicuramente è apprezzato; per me è la prima volta e non voglio fare la figura dell’italiano fighetta. Penso alla sera prima a Bregents dove non ci hanno cagato di stricio, qui la gente invece sa cosa stiamo facendo, balla, applaude e si diverte. Il pubblico è molto più importante di noi nella riuscita di un concerto. Direi che loro fanno l’80% del lavoro. A noi rimane un 20% dove bisogna sudare sangue e adrenalina per rispondere all’energia che arriva da fuori. Alle 5.30 del mattino sono al tavolo della cucina con l’hillibilly, Toekke (l’altra metà degli Haunted Swamp Beasts assieme a Woody) e Giulia. Loro parlano tedesco, le sole parole che capisco sono “folk” e “brutal”. Ho ancora una bottiglia di birra piena davanti a me.

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Sabato 15

Colazione abbondante coi ragazzi che hanno dormito qui, caffè, scambio di 7” della loro etichetta Smoking Hell con Woody che poi ci accompagna nel negozio di dischi dove lavora Toekke. Trovo “Stummin’ mental volume 1” – quello che mi manca della serie. La macchina di Perkins ci mette parecchio a partire e sputa fumo nero dal tubo di scappamento. Sarà una costante fino a Venezia. Alle 16.00 siamo in autostrada direzione Basilea. Suoniamo all’ Agora caffè, un bel bar con vetrina da cui vedi la band che suona dalla strada. Ci ho già suonato due volte con gli Hormonas. I concerti qui iniziano prestino, verso le 21.00. Il locale si riempie però poco più tardi, durante il dj set. Anche quando abbiamo suonato qui con gli Hormonas stessa identica cosa: suoni di fronte a 20-30 persone, poi mezzora dopo che hai finito, non riesci neppure ad entrare nel posto tanto è pieno di gente. Però stasera c’è più gente di quando abbiamo suonato con gli Hormonas. Comunque fuck dj’s. Non devono fare altro che mettere qualche disco in una valigetta e metterli su un piatto, non hanno lo sbattimento di imparare a suonare, scrivere canzoni, avere la strumentazione adatta… e si beccano il meglio della festa. Ok forse non è proprio così sempre. E’ solo che la gente preferisce ballare roba che già conosce, perchè è rassicurata di dove andrà a parare un pezzo. Con noi questo non è automatico, non facciamo musica rassicurante e anche se c’è il beat e l’energia per fargli muovere il culo la gente deve essere o molto ubriaca o molto intelligente per farlo. Oliver, il promoter del posto, è un tipo super simpatico mezzo incasinato con l’arte contemporanea. Si scusa che domani mattina non potrà essere con noi ma sta dando una mano per una performance in una galleria d’arte e dovrà svegliarsi presto. Durante tutta la serata ci piazza in mano i cocktail dai colori più stravaganti e quando arriviamo a casa sua ci finisce con della tequila da una bottiglia a forma di pistola. Nel suo appartamento scatta la discussione “arte contro tecnica”. Oliver sta impazzendo a stare dietro agli artisti della performance di domani che hanno richieste assurde e nessuna competenza tecnica. La conclusione è che l’artista deve solo cagare concetti e il tecnico li mette in pratica. O qualcosa del genere. Ma esiste anche un’altra opzione, secondo me. L’ opzione one man band. Senza la tecnica non c’è arte come senza sapere tenere in mano uno strumento non c’è suono, anche se forse non sapere suonare e andargli in culo alle regole aiuta a fare del rock n roll migliore, in ogni caso uno deve sapere un minimo dove mettere le mani. Ma questi sono dettagli tecnici, appunto. L’importante è l’unità di azione-concetto-performance nell’istante stesso della creazione, la libertà di fottere le costrizioni sociali dei luoghi dove si fa musica e gli standard musicali di tempo-ritmo-armonia. Può venire fuori grande musica, può essere una merda. La tecnica è quella cosa che ti aiuta a fare in modo che la merda sia fatta bene. Cioè male.

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Domenica 16

Ci aggiriamo zombeschi per Basilea nel primo pomeriggio. Mangiamo un pizza al salamino nel kebabbaro di fronte all’Agora Bar guardando la televisione alla parete che trasmette x-factor edizione turca, aspettando che il posto apra per recuperare la stumentazione che abbiamo lasciato nel seminterrato ieri sera. Siamo di nuovo in risacca potente, ieri abbiamo bevuto forte. Da Basilea passiamo a trovare Benu e Sara a Biel. Gli mollo qualche copia del 7” che abbiamo registrato assieme quasi un anno fa. Lui mi regala un mixer fostex 18 canali che quasi non entra in macchina, e tutta la sua attrezzatura super 8. Sta sistemando casa e vuole fare spazio, dice. Stiamo in cucina a bere birra e caffè e parlare, proprio come un anno fa. Però il tempo stringe e dobbiamo andare a Neuchatel per suonare. Salutiamo Benu, avrei preferito avere lui in macchina piuttosto che il suo mixer. Ma è incasinato con i lavori a casa, venire con noi vuol dire fare festa fino al mattino e domani non combinare nulla. Ci salutiamo e ho l’impressione che ci rivedremo ancora presto. Il Bistrot Restaurant Du Pont a Neuchatel è in realtà un ex-ristorante preso in affitto da un gruppo di ragazzi che lo sta sistemando e nel frattempo ci vive. Per entrare bisogna togliersi le scarpe, c’è un baretto spartano ma accogliente con vecchi divani e tavolini. Nel sottoscala una specie di negozio di roba usata. Il concerto stasera si tiene in cucina, tra utensili attaccati alla dispensa e il grande lavello da ristorante. Nella stanza accanto il forno produce ottime pizze. Dany e Babs, i promoter della serata, abitano qui. Sono due festaioli impenitenti super simpatici e ubriaconi. Suonano in venti gruppi garage-punk e in generale danno l’impressione di spassarsela alla grande. Il concerto è semplicemente fantastico, suono dopo di Perkins per più di un’ora di fronte ad una ventina di persone che fa un baccano d’ inferno percuotendo a ritmo i coperchi delle pentole e le stoviglie che hanno a portata di mano. Raschio il fondo del mio repertorio suonando di tutto. Finisce in una bolgia infernale e mi ritrovo sudato fino alle mutande. Dopo la musica, spostiamo la batteria e i ragazzi piazzano il calcetto da tavolo. Parte una serie di sfide che io e Perkins perdiamo quasi tutte miseramente. Finiamo la serata a birre sui divani con un live di Seasick Steve da youtube in sottofondo. A Perkins non piace perchè ci suona anche un batterista.

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Lunedì 17

Partiamo verso mezzogiorno da Neuchatel, ci fermiamo a prendere acqua, pane e formaggio e un mix di animali morti sotto plastica in un Denner vicino ad una pompa di benzina e partiamo verso Venezia, circa 600 km.

Arriviamo a casa mia a Venezia prima delle 21.00. E’ fantastico fare una tappa a casa, trovare Elena che ha cucinato della buona pizza e dormire con lei. Sono via da dieci giorni e mi sembrano già tantissimi. Ma non abbastanza. Domani inizia la parte selvaggia dl tour, dove il gps di Perkins non funziona. Si va ad Est.

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Martedì 18

alle 13.30 siamo a Marghera, spostiamo la strumentazione nella macchina di Elena (Fiat punto grigia del 2001): la parte a Est del tour la faremo con lei, che va a gas e non ha problemi di avviamento. Siamo carichi e rilassati, la tappa a casa ci stava. Dalle parti di Trieste seguiamo le indicazioni per Fiume/Rijeka. Attraversiamo il confine con la Slovenia e viaggiamo per cirda due ore su una strada a una corsia in mezzo ad alberi scheletrici attraversando tanti paesini. Alla frontiera con la Croazia ci chiedono se abbiamo marjuana o cocaina con noi. Sembra quasi una proposta di acquisto più che una domanda. Arriviamo a Rjieka al tramonto, prendiamo il ponte per Krk e dopo esserci un persi arriviamo a Vrbnik verso le sette. Parcheggiamo in quella che ci sembra la piazza del paese, tiro fuori il telefono per chiamare Nikola, il promoter della serata, ma non faccio in tempo a chiamare. Qualcuno bussa sul finestrino: è Nikola che ci ha visto arrivare ed è venuto a prenderci. Vrbnki è un piccolo paese di circa 800 abitanti che vive del turismo estivo. Stasera suoniamo in uno dei due bar del paese, quasi una festa privata che Nikola ha voluto fare per i suoi amici. Entriamo nel posto, al banco c’è un vecchietto che beve vino e un paio di ragazzi con le felpe degli ultras del Rjieka. Soundcheck e qualche birretta, incomincia ad arrivare gente. Ci portano da mangiare della carne buonissima. Verso le 22.00 iniziamo a suonare, il clima nel posto è amichevole e spensierato. Durante il set di Perkins l’hi-hat e la washboard finiscono in mano di Nikola e dei suoi amici scatenando una jam session micidiale, battendo anche sui bicchieri, sui tavoli e emettendo suoni tipo armonica unendo le mani davanti alla bocca. Nikola è uno psychobilly di circa 40 anni dalla massa imponente e dal sorriso contagioso. D’estate organizza un festival rockabilly-psycho sulla spiaggia, ma d’inverno è la prima volta che organizza un concerto. Tra lui e i suoi amici, i rockers locali saranno circa una decina. Concerti trash rock n roll non se ne vedono molti da queste parti. Forse siamo le prime one man band che suonano qui. Questa è in qualche modo la loro festa di Natale, sapevano che stavamo andando a suonare a Zagabria e ci hanno intercettato. Noi non chiedevamo di meglio. Tiriamo tardissimo bevendo Pelinkovac col vecchietto (è il vicino di casa di Nikola) che ci mostra quante espressioni bizzarre può fare spostando la sua dentiera. Tutti nel del bar lo canzonano in maniera benevola, è il beniamino locale. Io ho le lacrime agli occhi dal ridere. Questa è gente genuina, hanno capito che non li prendiamo per il culo. Non siamo fighette in cerca di successo, quello che vogliamo fare è semplicemente scatenare l’inferno ovunque suoniamo, conoscere gente come questa, condividere idee ed esperienze. Nikola dice che non riesce a fare suonare spesso gruppi perchè, ovviamente, non ci sono soldi e le band qua attorno oltre a fargli cagare vogliono 400-500 euri a serata. “Questa merda la potete fare anche voi” gli dico. Perchè spendere soldi per fare suonare rock band stereotipate del cazzo quando tu puoi fare il tuo rock n roll come ti pare? diventa una one man band! È a questo che serve la musica. Questo è folk… questo è punk. Gente che non ha niente da perdere a ritrovarsi in una stanza e a divertirsi facendo baccano. Dicono che suoniamo DO JA JA – che tradotto dal croato significa “fino alle ossa”.

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Mercoledì 19 Dicembre

Dormiamo in un appartamentino che Nikola affitta d’estate ai turisti e che è ovviamente vuoto in questo periodo. La mattina mi sveglio ed esco dalla casa ancora in coma. Incontro Perkins pochi metri in fondo alla strada di ritorno dal primo caffè della giornata. Torna indietro con me e mi fa compagnia per il secondo. Entriamo nell’altro bar del paese, quello in cui non abbiamo suonato. La radio trasmette musica turbo-folk sparatissima, l’aria è 90% nicotina: tutti (3-4 operai in pausa e alcune signore sedute ai tavoli) stanno fumando. La grande tv sul muro è sintonizzata su discovery channel senza audio che trasmette pubblicità di programmi come “body intruders” mostrando un vecchio che si è perforato l’occhio con un martello ed è sopravvissuto, “top 20 most lethal snakes” e roba del genere. Non esattamente il posto ideale per una colazione post-sbronza di Pelinkovac. Ma è quello che vogliamo.

Andiamo in esplorazione della città vecchia, l’architettura è quella mediterranea dove la presenza millenaria di Venezia ha lasciato tracce consistenti. Ci perdiamo in giro per le callette del paese e poi con calma torniamo all’appartamento. Troviamo Nikola che ci invita al piano superiore, dove vive. In salotto c’è un contrabbasso appogiato a terra, un chitarra con un piccolo ampli. Tiro fuori l’armonica e suoniamo per un oretta, scambiandoci gli strumenti, senza parlare troppo tra di noi.

Nikola ci offre da mangiare – formaggio e salame della zona, buonissimi. Fumiamo una sigaretta sul balcone che da sul mare e salutiamo mentre passa guidando un vecchio trattore il vecchio che ieri sera era con noi al bar. Poco dopo siamo di nuovo nel bar di ieri sera, beviamo un caffè e riprendiamo la strada verso Zagabria con la viva impressione di aver conosciuto delle persone speciali.

Mentre ci allontaniamo dall’isola il sole del pomeriggio sta già scendendo regalandoci uno spettacolo di colori sul mare. Zagabria è a circa 4 ore di macchina da qui. Quando arriviamo cerco di ricordare dov’è lo Spunk, il posto dove dobbiamo suonare. Ci sono stato già tre volte ma non riusciamo a districarci nel traffico e nelle strade a senso unico di Zagabria. Chiamo Marko dei B & the Bops perchè venga a prenderci. Ci incontriamo davanti alla stazione, Marko esce dalla macchina con un super sorriso e una bottiglia di Pelinkovac per noi in mano. Lo seguiamo fino a casa di Goran, il cantante/chitarrista dei Dykemann Family che ci dà ospitalità stanotte. Appena arrivati ci fanno accomodare in salotto, mangiamo una buonissima zuppa di zucca e beviamo del buon vino rosso.

Poco dopo riprendiamo la macchina e andiamo allo Spunk. Le altre due volte che sono stato qui ho suonato in una stanza piccola e sporca, ma da qualche tempo il posto si è ampliato e stasera suoniamo in un bar enorme, con molta luce e bei poster alle pareti. Sinceramente preferivo l’oscurità del vecchio Spunk, ma a quanto pare hanno preferito farci suonare qui per motivi economici: se aprivano la saletta dei concerti dovevano pagare un altro barista, mi spiegano. Questa è la data meno pagata del tour, stasera ci daranno 50 €. Branko e i Bops sono tutti qui e anche i rimanenti Dykemann, i tavoli sono tutti occupati. Sto bevendo la prima birra in compagnia quando si avvicinano due tizi sorridenti, sul momento non mi ricordo chi sono ma poco dopo capisco. E’ Peter, il batterista degli Evokers, un gruppo garage rock a cui ho fracassato l’ hi-hat da ubriaco durante il concerto di questa estate al Trash and Burn Fest. Mi aveva scritto su Fb poco dopo il fattaccio che ero uno stronzo e che gli avevo fatto 100€ di danni. Così prima di partire per il tour gli ho scritto che se voleva venire allo Spunk gli avrei dato i soldi, per correttezza. A vedermelo davanti sorridente e amichevole non sembra lo stesso che mi aveva scritto qualche mese fa. Gli chiedo se mi può fare uno sconto… mi dice che non si sarebbe neanche mosso di casa se sapeva che gli davo meno soldi di quelli che mi chiedeva. Mi faccio prestare le kune che mi mancano dalla cassa del tour (praticamente tutto l’incasso di ieri sera) e gli regalo anche un 7”. Il suo amico mi dice che organizza un festival di film trash a nord della Croazia, che gli piacerebbe che andassi a suonare là la prossima edizione. Peter dice che mi regalerà l’hi-hat rotto quando ci rivedremo. Quando torno dai Bops per finire la birra non ci credono che il tizio sia venuto fino a Zagabria per farsi dare i soldi di un hi-hat che ho rovinato facendo cadere mesi fa. Non siamo tutti uguali, a volte la gente dimentica le cose, passa sopra, a volte no; io cerco di essere corretto nonstante i casini che combino ogni tanto.

Il concerto va bene, c’è uno con una handycam che filma tutto, quando torniamo a Venezia dal tour troviamo il video sul sito subsite.hr.

La Pelinkovac scorre a dovere e torniamo a casa di Goran ancora belli svegli. Ci piazziamo in cucina, Goran aggiunge un pò di acqua alla zuppa della cena e la riscalda. La mandiamo giù bevendo mezza bottiglia della Pelincovac che ci ha regalato Marko. Parliamo di quanto sarebbe figo fare un tour assieme alla Dykemann Family in Macedonia e Grecia. Andare a suonare da quelle parti è uno dei miei sogni. “Conosci qualcuno in Macedonia? Io ho un contatto in Albania…” Andiamo a letto tardissimo, semi-deliranti.

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Giovedì 20 dicembre

Goran si è svegliato presto per andare a lavoro, quando riprendo conoscenza in salotto la sua ragazza è in cucina che risponde a delle email, Perkins si è appena alzato. Ci fa un caffè turco e poco dopo prende la bici e va anche lei per i fatti suoi. Scrivo un sms a Branko che ieri ci ha dato un mezzo appuntamento a pranzo. Torniamo alla macchina e poco dopo lo incontriamo ad una rotonda, monta in macchina con noi e ci guida verso casa sua. Ci piazziamo nel salottino strimpellando la sua Danelectro firmata a pennarello dai Guitar Wolf. Circa due anni fa in questa stanzetta bevevo Pelinkovac con Marko e Branko dopo il mio primo concerto allo Spunk. Branko e la sua ragazza ci cucinano una super pasta alla carbonara, ci godiamo la buona compagnia e rimaniamo con loro a cazzeggiare un po. Nel primo pomeriggio riprendiamo la strada. Usciamo dall’autostrada in direzione Vinkovci con la cassetta di Bestial Devastation dei Sepultura nello stereo e proseguiamo sulle strade statali. Siamo al centro della pianura della Slavonia, al confine con la Serbia. Mezz’ora dopo siamo in centro a Vinkovci e ci prendiamo un magro hot-dog in un fastfood locale. Iggy-Harp Explosion arriva poco dopo, andiamo a casa sua, carichiamo la sua strumentazione e partiamo verso Osijek. Ho conosciuto Iggy due anni fa al festival del documentario rock di Vinkovci dove hanno proiettato cowpunx from hell, che è organizzato dal suo ex-batterista nei Knuckleheads, Toni. Iggy ci fa da navigatore nelle strade statali tra Vinkovci e Osijek, i Sepultura sempre nello stereo.

Arriviamo in città, il concerto si tiene al Big Ben, in pub in stile rock sudista nella zona chiamata “della fortezza”: un quartiere che ospita locali notturni e ristoranti ricavato da un vecchio forte militare con strade dritte e grandi edifici ad un piano, forse caserme. Quando ci arriviamo verso le 19.00 non c’è nessuno in giro, c’è la neve alta ai lati delle strade, sembra un paese di frontiera fantasma. Stasera c’è un impianto quasi serio e un fonico. Il soundcheck infatti è terribile, ci costringono a tenere l’ampli della chitarra bassissimo ma è inutile discutere… già il proprietario è venuto a lamentarsi mentre provavamo, il suono farà schifo e punto. Ed in ogni caso si può sempre alzare il volume dell’ampli durante il concerto, così il fonico va a farsi fottere. Andiamo a mangiare cevapcici in una pizzeria dalla parte opposta della strada. Verso mezzanotte apre i concerti Harp Explosion per 45 minuti che volano velocissimi. E’ blues-punk fatto usando un set di armoniche diatoniche passate dentro una valigetta di effetti e distorsori. Registra al volo dei riff su una loopstation e crea un tappeto sonoro sporco e distorto, su cui suona e canta supportato dal ritmo di una drum machine. Il suono è potente e bizzarro, originale… sincero. E’ la prima data del tour in cui suoniamo con un altro one man band. Nel locale c’è gente ma il grosso arriverà durante il set di Perkins, Osijek è una città univesitaria e ad una certa ora gli studenti arrivano già avanti con la bibita e saltano come scalmanati. Io invece bevo acqua tutta la sera, i cevapcici hanno avuto un effetto dirompente e il bagno del pub non è molto accogliente. Dopo il concerto due ragazzini vanno da Perkins: “Sei francese?” “si” “cosa vuol dire <<vulevu patè avec moi>>?” Perkins glielo spiega e loro lo ringraziano tantissimo, felici. Forse l’hanno sentito alla televisione. La serata finisce con gli amici di Iggy che suonano in un gruppo blues locale parlando di Howlin’ Wolf e armonicisti. Ci danno una mano a caricare la macchina, fuori dal locale le strade si sono animate di ragazzi in giro a fare festa nei vari locali della zona da cui esce musica techno-turbo-folk. Ragazzine ubriache in collasso per terra nella neve. Riprendiamo la strada per Vinkovci, guida Perkins e io mi addormento sul sedile posteriore.

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Venerdì 21 dicembre

La mattina siamo accolti dalla moglie di Iggy e dal loro bambino di 8 mesi, facciamo una abbondante colazione e poi andiamo in centro: Perkins non ha più calzini puliti e io non trovo più l’armonica in A dal concerto di Zagabria. A Vinkovci non ci sono negozi di dischi e quello di strumenti musicali è ospitato dentro uno store di elettrodomestici, però non hanno armoniche diatoniche in A. Perkins invece trova i calzini. Andiamo nel bar dove di solito fanno i concerti underground a Vinkovci e incontriamo Toni, l’organizzatore del DORF che non avevo mai conosciuto di persona. Il festival è molto importante per la città perchè è l’unica attività culturale riguardante la contemporaneità che viene realizzata a Vinkovci. La realtà fuori città è rurale e i pochi fondi per la cultura vanno alla conservazione delle tradizioni locali, spiega Toni che da lavora full-time per il festival. In effetti in giro per la città i manifesti del concerto di fine anno della Slavonia Band la fanno da padrona. La tradizione musicale della zona che scimiotta la produzione musicale mainstream, il turbo-folk è un pò come potrebbe essere il turbo-liscio ma con strumenti tradizionali. Qui in Slavonia usano una chitarra a 5 corde con la paletta arricchiata e una grande cassa armonica che abbiamo visto al negozio di elettrodomestici. Beviamo un caffè e poco dopo salutiamo Iggy e riprendiamo la strada, sbagliamo uscita alla prima rotonda e ci perdiamo subito fuori Vinkovci. Facciamo un giro panoramico per vari paesini guardando la cartina vecchia di 12 anni. Davanti a noi c’è una vecchia Yugo che avanza sbandando, schiva all’ultimo momento due macchine invadendo la corsia opposta, andando pianissimo. Ci teniamo a distanza e al primo posto dove vediamo delle luci di un bar ci fermiamo: si ferma anche lui e dalla macchina esce carcollando un tipo ubriaco marcio che si trascina via nella neve. Io vado a chiedere informazioni. Il bar è pieno di vecchi col cappello, il barista è un ragazzino con la maglietta dell’ Inter. A gesti ci indica la direzione per l’autostrada. Finiamo in una strada non asfaltata senza illuminazione e segnalazioni per una decina di chilometi, sta nevicando e ascoltiamo a rotazione “Antichist” dei Sepultura. Comunque arriviamo all’ingresso dell’autostrada, abbiamo fatto solo qualche km in più del dovuto. Finalmente siamo sulla strada per Belgrado. Alla frontiera ci chiedono se abbiamo cocaina o eroina. Più vai ad est più le droghe diventano pesanti. Troviamo subito Glava Uliza, ma non troviamo il posto dove dobbiamo suonare. Ci fermiamo davanti ad un Mac Donald e chiamiamo Filip, dice che siamo vicini e che ci vengono a prendere. Aspettiamo fumando una sigaretta e per un pò quindi vado in esplorazione cercando il numero civico fantasma. L’ MCK Kombinat si trova al numero 29 di Glava Uliza, dentro una corte a cui si accede da una stretta stradina dopo un sottoportico con le insegne vedi di un fotografo. Peccato che non c’è il numero e nessuna scritta fuori dalla porta.“E’ un posto underground” ci spiegherà dopo Filip. Vedo un tipo col ciuffo davanti al sottoportico, sembra aspettare qualcuno, infatti è Boris, un amico di Filip venuto per il concerto da un paese a 350 km da Belgrado. Per fortuna sono venuto a fare un giro, noi lo stavamo aspettavamo davanti al Mac donald. Il locale è aperto da poco: uno stanzone con alle pareti mostri disegnati, c’è un banco bar minimale con dietro un vecchio mixer senza phantom power, un pc con playlist di mp3 e proiezioni di trailer di b-movies dietro il plachetto sulla sinistra della stanza. Filip e Boris sono simpatici, ci danno una mano a fare il check, ascoltano garage punk e suonano anche loro, l’impianto audio è vecchio e non ci sono casse spia ma il suono alla fine è ottimo. Ritrovo l’armonica, era nella tasca dietro dei pantaloni da due giorni. Filip ha una bottiglia di rakia fatta in casa e beviamo qualche bicchiere prima di suonare. Fuoco nelle budella.

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Stasera è la fine del mondo maja ed in giro per Belgrado ci sono decine di feste, Filip non si aspetta molta gente; invece arrivano una 30ina di persone, tra cui Michail e un suo amico, due pazzi fanatici per le one man band che stanno organizzando il tour di Tongue Tied Twin in Serbia il prossimo Gennaio. Suona prima Perkins e spacca di brutto, le proiezioni delle tette enormi dei bizzarri trailers porno-erotico anni ’70 dietro il palco sono perfette per l’immaginario delle sue canzoni. A fine serata facciamo “My Baby Doll” con Perkins alla batteria e washboard e me alla voce ed armonica. Abbiamo inziato a farla durante il tour improvvisando la prima sera, mano a mano è stata “arrangiata” e stasera è venuta particolarmente violenta. Chaos. La Eko in feedback sul pavimento e l’armonica soffiata fino a non avere più fiato…

dopo lo show un tipo alto e magro coi capelli lunghi grigi e vestito di nero si è preso il 7” ed ha affermato che Wasted Pido è meglio dei Gories perchè suono anche country-rockabilly e non solo garage-punk. Poi è scomparso nella notte. Verso le 2 Filip chiude il posto, mangiamo un panino in un bar dalla parte opposta della strada e poi li seguiamo in macchina fino all’ hotel che ci hanno riservato. L’ Hotel Slavija, vecchio enorme grattacelo che ha visto tempi migliori, dove ti aspetti un nano che parla al contrario in ascensore. 20 € a notte a testa. Abbiamo ancora mezza bottiglia di Pelinkovac che ci ha regalato Marko a Zagabria, accendiamo la televisione e ci godiamo i programmi musicali turbo-folk serbi della notte.

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Sabato 22 Dicembre

La mattina trovo Perkins nella sala della colazione al primo piano, stiamo seduti in silenzio a bere il caffè liofilizzato dell’hotel e a fumare, osservando la nebbia grigia e il fumo alzarsi nel traffico di Belgrado oltre le vetrate. Una donna vestita con una tuta rosa sta addobbando un albero di natale di plastica sotto la televisione attaccata alla parete. Sta trasmettendo il programma musicale del mattino dove in questo momento si sta esibendo un band di attempati rockers turbo-metal: Assoli virtuosi con la Ibanez modello Malmsteen in playback e il cantante che sembra Vasco ma più vecchio e cattivo. “Badass!” commenta Perkins.

Quando torniamo in camera sbagliamo piano con l’ascendore e finiamo nel sottoscala dove si sta svolgendo un mercatino dell’antiquariato. Entriamo da dietro un bancone, il posto è affollato di gente che compra e vende; c’è di tutto: quadri, gioielli, orologi russi, nani da giardino, coltelli da caccia, pistole antiche della polizia serba, croci di ferro nazi, spille della ferrovia di zagabria socialista… Compro una vecchia macchina fotografica a soffietto della Agfa (il vecchietto mi assicura funzionante) come regalo per Elena, e un teschio rosso che ci terrà compagnia sul cruscotto della macchina. Riprendiamo la strada prima di pranzo ed arriviamo a Budapest verso le cinque. Ci perdiamo e attraversiamo uno dei ponti sul Danubio 4 volte godendoci il panorama prima di trovate la direzione della casa di Pali, dove ci aspettano. Nel frattempo diamo anche una mano a fare ripartire la batteria dell’auto ad un italo-rumeno rimasto fermo in mezzo al traffico. Arriviamo al posto dove veniamo accolti da Marti, la ragazza di Pali che intanto è andato fuori a cercarci, e Csaba un loro amico. La casa è una grande stanza all’ultimo piano di un vecchio condominio con una corte intena su cui danno le porte a sesto acuto delle abitazioni. Alle pareti tanti quadri e serigrafie dei poster dei concerti che organizzano loro. All’ingresso c’è la cucina e sopra il water in bagno c’è una foto di Phil Collins. A prima vista mi sembrava Lucio Dalla. Pali arriva poco dopo indossando una maschera da teschio e con un sacchetto pieno di altre maschere mostruose da bambino. Ne distribuisce una per ogniuno, a me regala una maschera da teschio-zombie. Mangiamo tutti assieme dei piattoni di carne e riso che Marti ha cucinato e stiamo in relax sul divano bevendo birre e parlando. Secondo il programma dovremmo fare il soundcheck alle 20.00, cioè tra mezz’ora. Ci muoviamo verso il Trafik Club con Marti come navigatrice in macchina con noi. Quando arriviamo al posto gli A Szentcsalád, l’altro gruppo in programma stasera, è sul palco che fa i suoni; sembra abbia finito perchè poco dopo scendono ed escono a fumare una sigaretta. Ci presentiamo con gli altri musicisti mentre escono dal club. Valor, il cantante, è uno degli organizzatori della serata; insieme a Pali gesticono il sito www.rnr666.hu che ha promosso il concerto.

Ci offriamo di suonare prima noi per motivi pratici: gli A Szentcsalád hanno già il set montato e fare il soundcheck adesso per poi togliere tutto e rimetterlo vuol dire incasinarsi col tempi e i suoni. Valor ci dice che dobbiamo assolutamente suonare noi per ultimi, questo per loro è il primo concerto, hano solo 5 canzoni e se suonano troppo tardi si ubriacano e non riescono a suonare, ci fa capire che sono tesi per il debutto. Ci informa che il concerto inizia alle 22.00, poi ci chiede se facciamo uso di speed e se ne và. Non capiamo la battuta sullo speed, forse voleva dire che suoniamo veloci? Iniziamo a montare la batteria ma appena messa la grancassa per terra quelli della band di spalla tornano sul palco e ci dicono che non hanno finito il check, erano solo usciti a fumare. Togliamo tutto e usciamo a fare un giro, troviamo per caso Pali e Csaba per strada (erano venuti a piedi da casa loro), li salutiamo e proseguiamo la camminata turistica; andiamo in un bar ma non abbiamo moneta locale e non accettano euro. Così torniamo con calma indietro al Trafik, è passata circa un’ora, fuori i tipi della band stanno fumando, ci fermiamo con loro. “Sapete perchè gli ungheresi non hanno mai sigarette?” ci fa il fonico del gruppo “perchè le fumano. Ne hai una?”. Ci chiede anche se abbiamo una chiave per la chitarra, Perkins capisce che hanno bisogno di un avvolgi-meccaniche, chiediamo scusa ma non l’abbiamo, ci piace fare fatica. Scendiamo e troviamo il palco vuoto, pensiamo che hanno finito il check e inziamo a montare la roba. Invece appena appoggiato lo sgabello della batteria sul tappeto i tipi tornano sul palco ed ignorando la nostra presenza riprendono gli strumenti e si mettono a schitarrare. Erano andati a fare un’altra pausa cicca. Ci togliamo di mezzo dal palco la seconda volta: vado a prendermi una birra, Perkins si butta su un divano a dormire. Intanto sul palco rimangono solo un chitarrista e il cantante che ogni tanto lanciano un urlo nel microfono e provano qualche passaggio di canzone. Riusciamo a capire la situazione poco dopo: uno dei due chitarristi, che suona una chitarra Hammer con ponte Floyd Rose ha rotto una corda e non ha la brugola per aprire il ponte e cambiarla. Mi offro subito di aiutare cercando sul fondo della mia borsa rimasugli di brugole e dandogli la mia pinza multi-tool ma niente da fare, non serve. Gli offro la mia Telecaster Squier P90, il tipo mi ringrazia un sacco e apprezza la chitarra, la guarda e la strimpella. Gli dico di usarla senza problemi ma non la attacca all’ampli. Torno sul divano e con Perkins appisolato osservando la scenza discutiamo di chitarre thrash-metal anni 80: Jackson, Bc Rich, ESP, Charvel, la Ibanez bianca col buco ergonomico per portarla in giro senza custodia…tutti queste chitarre sono sopravvissute in qualche maniera, ma le Hammer che fine hanno fatto? In ogni caso il palco rimane vuoto finchè non arriva un amico della band con la brugola che gli serviva. Ormai il locale è aperto e c’è gente dentro. Il tipo cambia la corda, con calma tutta la band torna sul palco: provano un pezzo tutti assieme per trenta secondi e poi se ne vanno. Siamo sempre semi-addormentati sul divano osservando la scena, Valor scende dal palco e viene da noi: “it’s your turn for check”. Guardiamo l’orologio, sono le 21.58: ringraziamo ma abbiamo deciso che faremo un line-check al volo prima di suonare. Passo la maggior parte del tempo prima del concerto a fumare sigarette fuori dall’ingresso in compagnia di Pali e dei suoi amici. Sento solo l’ultima canzone del live degli A Szentcsalád, una cover di Muddy Waters mid-tempo con chitarre metal: come bizzarria non sembra male. Il locale è pieno: A Szentcsalád è un super-gruppo garage con musicisti da gruppi hardcore/punk/rock/hip hop di fama nazionale. Fanno le loro 5 canzoni e poi se ne vanno tra gli applausi della sala piena. Tocca a me, montiamo la stumentazione e proviamo i segnali in velocità, ormai con Perkins il set up è automatico; ci diamo una mano a montare la strumentazione con l’ordine che abbiamo imparato osservandoci. Intanto metà sala se n’è andata, A Szentcsalád era evidentemente il piatto forte della serata. Comunque faccio un concerto divertente, nelle prime file la gente muove il culo, in particolare Pali che è ubriachissimo e finisce spesso a contorcersi sul palco con la testa nella grancassa. Il concerto di Perkins è più micidiale del solito, peccato che altra gente se ne sia andata anche dopo il mio set. Anche il fonico lascia il locale dopo due canzoni di Perkins. Mi metto la maschera da zombie-scheletro che mi ha regalato Pali e faccio casino durante lo show di Perkins, salto pogo e faccio stage-diving su Pali che mi prende in spalla, ma non riesce a stare in equilibrio e cade rovinosamente all’indietro.

 

Dopo il concerto rimaniamo fuori dal locale assieme ad alcuni A Szentcsalád ed amici a fumare e a bere le birre che ci avevano regalato in Austria e abbiamo ancora in macchina. Pali ha un taglio sul naso e la maglietta sporca di sangue. Torniamo a casa e scatta l’after party: tiro fuori la chitarra e suoniamo vecchi classici country e punk rock cantando tutti assieme. Salta fuori una bottiglia di Unicum, si inizia a parlare di musica della mala calabrese e della musica folk per violino della transilvania cercando i video su youtube. Mi addormento vestito sul divano mentre fuori si inizia a vedere la luce del sole e Csaba che pompa un gruppo psychobilly-alternative-folk-pop ungherese a volume altissimo. Perkins dorme da un pezzo, stasera avremmo dovuto fare i bravi ragazzi. Ci aspetta un bel viaggio: Budapest – Dueville (Vicenza), 760 km e passa.

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Domenica 23 Dicembre

Ci mettiamo più di un ora a uscire da Budapest e prendere la direzione dell’autostrada giusta. Ci fermiamo diverse volte a chiedere informazioni ma nessuno parla inglese e i primi due a cui chiediamo ci danno direzioni sbagliate. Sta nevicando forte e costeggiamo il lago Balaton verso la frontiera Slovena ad una media di 100 km all’ora. Ho il telefono senza batteria, ho mandato un messaggio ad Umberto a Dueville questa mattina alle 11.00 prima di partire, speriamo di fare in tempo per suonare. In Slovenia smette di nevicare, ci fermiamo per fare GPL e pisciare un paio di volte. A Trieste piove, da Portogruaro in poi c’è la nebbia. Arriviamo a Dueville alle dieci passate.

Il Teatro Busnelli è pieno di gente, la super-band natalizia con membri di tutte le band della zona è sul palco scatenata suonando pezzi dei Blues Brothers. I ragazzi sono già avanti con le birre, Umberto ce ne offre due ma a malincuore ci informa che non può farci suonare perchè siamo arrivati troppo tardi. Ci pensiamo su e propongo di suonare lo stesso all’ingresso del teatro, davanti alle porte dei bagni. Siamo one man band, il palco non è indispensabile e abbiamo tutta la strumentazione con noi; dopo 11 ore di viaggio per arrivare qui vale la pena suonare lo stesso. Ci serve solo una presa di corrente e un’asta per il microfono. Dopo qualche tentennamento Umberto convince quelli del teatro che ci danno l’ok. Montiamo batteria e ampli, ci portano una prolunga con la corrente, l’asta del microfono non arriva ma ci dicono di fare veloci ad attaccare appena il gruppo sul palco finisce. Mi metto la maschera da zombie-teschio e faccio da asta del microfono a Perkins, suonando la washboard sulle sue canzoni. Si forma un discreto pubblico, ci inventiamo al momento uno spettacolino tenendoci il microfono a vicenda per cantare e suonando washboard e armonica contemporaneamente. Finito di suonare rimango fuori dal posto a parlare con vecchi amici di Vicenza che non vedo da tempo. Arriva il tipo del teatro con 60 euro in mano. “Scusate ma siete arrivati in ritardo, questo è il massimo che possiamo darvi”. Rimango di merda, stasera il fee concordato era 200, siamo arrivati in ritardo ma abbiamo suonato lo stesso. Insisto per avere almeno la metà del fee pattuito. Il posto era pieno di gente e non ci credo che non abbiano 40 euro in più. Vicenza, assieme alla Svizzera, è una delle zone più ricche dove abbiamo suonato durante al tour. “Sono ricchi perchè si tengono i soldi” commenterà più tardi Perkins mentre torniamo a Venezia. In ogni caso il tipo del teatro si agita e mi porta a parlare col suo capo, un tipo magro di mezza età che avevo conosciuto prima entrando appena arrivato.

“dimmi in quale teatro vi fanno suonare anche se arrivate con un ora di ritardo” mi dice con aria distratta “dovreste essere contenti che vi diamo 60 euro!”. Gli chiedo secondo che calcolo ha deciso di darci 60 euro e non 100 dopo aver pattuito 200. Il tipo tergiversa e glissa sul fatto che non siamo stati profesionali, al check si arriva in orario, dovevamo telefonare, questo è un teatro serio, cosa crediamo?! Qui la gente lavora sodo, la settimana scorsa hanno suonato i Jennifer Gentle, che di fee beccano 3000€, ed è stato un successone! Gli faccio notare che arriviamo da Budapest, dove ieri sera non abbiamo fatto il souncheck perchè il gruppo spalla non ce l’ha permesso ma non per questo abbiamo chiesto 100 euro in più agli organizzatori. Il tipo sembra sorpreso, non sa cosa rispondere e boffonchia che comunque i soldi non ce li dà per una questione di principio. Questi schifosi, inutili, lamentosi, incapaci, avidi sfruttatori: tirano sempre fuori la storia della questione di principio quando non possono più giustificare le misere conseguenze a cui portano le loro azioni. Lascio perdere anche perchè qui sono tutti ubriachi e la questione sta facendo scaldare gli animi tra i ragazzi che sono d’accordo con noi e quelli del teatro che non vogliono sentire ragioni di darci i 40 euro. Infatti poco dopo sto finendo di caricare la macchina e Perkins mi dice che dentro c’è una rissa. Umberto ha tirato una testata al tipo del teatro. Ha un occhio nero ma vuole bere l’ultima birra in compagnia prima che ce ne andiamo. Lui e i suoi amici sono sbronzi, la piccola  rissa appena accaduta fa parte di un rituale già passato su cui riderci sopra. E’ un amico ma la testata la doveva tirare al vecchio, non al ragazzino tirapiedi, e farsi dare i soldi, soprattutto! Riprendiamo la macchina ed arriviamo a Venezia con il sole che sta salendo dietro la nebbia della laguna.

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La Fine

La spazzatura è ovunque. Il mondo è pieno di cose merdose, fatte male, di commedie  recitate male, di oggetti mediocri. Senza gioia, senza divertimento, senza significato. Pensati, progettatti e prodotti da professionisti. milioni di quintali di merda prodotta ogni giorno, consumata, digerita, cagata e abbandonata per fare spazio ad altra merda più fresca. Good Taste is Fascism con parole di Sir Billy Childish. La professionalità uccide il significato delle cose. Distrugge le capacità e la spontaneità. Distorce il presente con la falsa promessa di un futuro di sicurezza e abbondanza.

L’importante in fondo è andare in giro, muoversi, non rimandare, fare le cose che senti giuste subito, pretendere, farsi rispettare, lottare. Fare qualcosa con spontaneità. Come una bestia.

Beast Go East. Europa, 08-23 dicembre 2012

 

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